sabato 12 aprile 2014

Il racconto di un ragazzo che non c'è più. #4

4.


Quella sera andò al parco della città, quel minuscolo puntino verde in mezzo a quel crocevia di strade, era lì che d’estate i ragazzi andavano la sera, non si faceva niente di particolare, c’era un prato, una chitarra e qualche sigaretta. Nel chiarore dei lampioni poi la vide, quel viso, quel sorriso, ormai non sapeva neanche più perché lo amasse così tanto, era diventato parte di lui, era come se fosse un pezzo di lui, non poteva farne a meno; un braccio o una mano che non aveva mai avuto, si chiamava Alessia lei. In quel gran frastuono di voci e visi Ale lo riconobbe, sorrise leggera e andò verso di lui, che fingeva di non essersene accorto. A smascherare la sua commedia fu un bacio sulla guancia, morbido, quasi fosse una carezza. “Fai finta di non vedermi?”, gli sussurrò Alessia in un orecchio, “No scusa, ero perso nei miei pensieri” rispose lui piano, “Sempre il solito eh?!”, quella frase profumava di innocente ironia, quasi disarmante, risuonava nella sua testa rimbalzando da un orecchio all’altro. Rimasero a parlare del nulla per tutta la sera, solo per il gusto di farlo, solo perché era bello. Ridevano e scherzavano con i soliti quattro amici, ma lui prima di farlo guardava di nascosto lei, per vedere se anche quelle sue labbra sottili si deformavano in un sorriso. Quella serata altalenava in lui stati d’animo opposti, quasi come la fiamma di una candela sottoposta ad un leggero spostamento d’aria, momenti in cui un sorriso sincero segnava il suo viso, altri in cui la sua anima soffocava. E poi, come quando si strozza una fiammella togliendole l’ossigeno, così quella serata si consumò silenziosa. “E’ tardi, devo andare a prendere il bus. Ciao.” concluse Alessia, e il sipario calò, vide lei e il suo ragazzo andarsene, ridendo. Buio.

Il muretto sul quale era seduto era freddo, come se nessuno l’avesse mai toccato, lui col piede strofinava sotto la suola un sassolino sull’asfalto provocando un rumore simile ad uno scricchiolio. In mano stringeva tra due dita una sigaretta aspirandone avido l’anima di catrame, cercava invano di spegnere quell’incendio di pensieri che gli bruciava i capelli, ma l’acqua che aveva non era abbastanza, così soffriva in silenzio per le sue bruciature. A svegliarlo dal suo assopimento arrivò Stefano:
“Sei proprio un coglione, sai?!” “Beh, grazie, anch’io ti voglio bene.” “Non lo capisci proprio che quella ti usa soltanto, vero? Lei fischia e tu come un cagnolino corri da lei sbavando, cos’è che ti aspetti, un croccantino?” “Ste le tue metafore sono sempre molto suggestive, ma sta sera non ho voglia di parlarne, non ne ho le forze.” “Ma smettila! Io non ti capisco, sembra quasi che ti piaccia stare così, sembra quasi che fare la vittima ti allieti.” “Stefano ti prego, basta, va a finire che discutiamo.” “Povero lui, vuoi che anch’io incominci a dire così come gli altri? E’ inutile che fai così con me, io le cose te le dico in faccia, anche se ti stanno scomode, perché io così non ti voglio più vedere!” “Ste, ma mi dici che cazzo vuoi? Secondo te non lo so che dovrei mandarla a farsi fottere e basta? Secondo te non ci ho provato a togliermela dalla testa? Sono tutti bravi a parlare, tutti!” “Bene allora! Fai quel cazzo che vuoi, continua così!”.

Quella sera tornarono a casa in silenzio, le parole che non si dicevano avevano il rumore dei loro passi che si inseguivano, metro dopo metro sprofondavano nei loro pensieri. “Ste io sono molto stanco salgo, ci vediamo domani.” “Senti mi dispiace per quello che ti ho detto..” “Hai ragione su tutto, ciao.” e aprì il cancello esterno di casa sua avviandosi verso il portone. Aspettò di sentire il motorino di Stefano accendersi e andarsene. Non salì a casa, aveva bisogno di un po’ d’aria fresca, scese la rampa che portava al suo giardino, e si stese sul prato appena umido, alzò la testa verso il cielo ricoperto di stelle e scrisse:


Ha le mani fra i capelli

Ha le mani fra i capelli,
è l'unica cosa
che gli è rimasta da fare
ormai.
Prova a fermare quella
tempesta
che ha dentro.
Tuoni e verità scomode
incidono la sua
anima.
Poi
alza la testa,
anche lui vorrebbe brillare
lassù.
Illuminare
la strada che
lei
percorre.
Perché lei,
lei è
l'ombra che insegue
il suo passo,
lei è tutto.
Tutto quello che lo
disgusta,
tutto quello che può farlo arrivare
lassù, a bruciare.
E così rimane
con le mani fra i capelli,
è ancora l'unica cosa
che gli rimane
da fare.






G.R.

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